Export agroalimentare italiano in Cina: una scelta che guarda al futuro
Innovazione, qualità, nuove tecnologie, sicurezza alimentare. Sono alcune delle tematiche che i buyer cinesi chiedono all’Italia di approfondire in questo periodo, gli stessi focus emersi in occasione della tappa del Roadshow internazionale di Cibus e Tuttofood tenutasi il 9 dicembre scorso a Shangai. Negli spazi moderni e ricercati del New Wave a Shangai, il Bistrot firmato Da Vittorio, fresco di Stella Michelin, “The Italian Aperitivo” erano un centinaio le persone presenti, tra cui buyer e distributori internazionali oltre a rappresentanti delle istituzioni italiane, come la dott.ssa Tiziana D’Angelo, il console generale italiano in Cina e i vertici ICE. Angelo Morano, Managing director Insider International Ltd e da ben 25 anni a Shangai, ci ha raccontato la serata, aiutandoci anche a comprendere molti aspetti di una grande potenza economica, dei suoi abitanti, del suo rapporto con l’Italia.
Qual è la situazione dell’export dall’Italia alla Cina?
È la domanda delle domande per gli operatori di ogni settore: qual è lo stato di salute dell’export di agroalimentare italiano in Cina? Il trend è evidente: l’export è in costante crescita. “Nessuno ha i dati precisi – ha sottolineato Morano -, ma se andiamo ad analizzare i dati doganali, c’è tantissima domanda di prodotti italiani da parte cinese. Nel 2022 l’export italiano verso la Cina è stato di circa 16 miliardi di euro, con un incremento notevole sull’anno precedente”. Anche se si tratta solo del 2,5% del totale delle esportazioni agroalimentari italiane, anche a causa di procedure e protocolli strettissimi, soprattutto di tipo fito-sanitario, si prospettano grandi opportunità per coloro che decidono di investire.
I prodotti italiani più richiesti
“I principali prodotti italiani esportati in Cina sono il vino, quelli legati al comparto lattiero-caseario, olio d’oliva, pasta e salumi – ha specificato Morano -.. Le regioni italiane che esportano di più in Cina sono il Piemonte, trainato dai suoi distretti vitivincioli (5 miliardi e mezzo di euro l’anno), la regione Lombardia (3,9 miliardi all’anno) e il Veneto (2,6 miliardi all’anno). Le regioni della Cina che importano maggiormente dall’Italia sono quelle costiere, che da un lato sono storicamente poli di grande attrazione di persone dall’estero, dall’altro godono di una logistica facilitata”. Tra i prodotti di nuovo appeal, è un gran momento per il gelato e il mondo frozen in generale, la birra e gli snack. “Per salse e olio, purtroppo, a incidere in maniera negativa è il prezzo”, ha spiegato Morano, che però riconosce i vantaggi commerciali di “puntare su DOP e IGP come prodotti riconosciuti a livello globale e protetti”.
Quali prospettive per il food Made in Italy in Cina?
Le opportunità di mercato per gli esportatori di prodotti agroalimentari italiani in Cina sono numerose. In particolare, la crescita di ristoranti italiani d’eccellenza, permette di intercettare con maggiore facilità una fascia medio-alta di consumatori, avvezzi a un tipo di cucina ad alto tasso di spettacolarità e nella quale l’aspetto estetico è estremamente rilevante. Poi ci sono i giovani, che in numero sempre più alto hanno esperienze di studio all’estero, non solo in Italia ma in Europa o negli USA. “La partita non si gioca tra noi italiani, è globale – ha precisato Morano -: bisogna competere con tutto il mondo, scontrandosi spesso con logiche di prezzo diverse. Il rischio per noi è arrivare dopo, quando il gusto cinese si è già definito ed è stato alterato dalla concorrenza. Ad esempio l’olio extravergine italiano è un’eccellenza per noi, ma quello del Sud Italia dal gusto forte non incontra tipicamente il gusto del consumatore cinese, chenon è abituato. Stessa sorte potrebbero avere i nostri formaggi”. Da qui la necessità di orientare le azioni di marketing con lungimiranza e costanza. “I prodotti esportati devono essere adattati alle preferenze dei cinesi – ha continuato Morano -; occorre pensare a una nuova narrativa e a un nuovo packaging. In questo senso, Cibus racconta molto bene le esperienze internazionali e le strategie evolutive del food marketing”.
Il periodo della pandemia in Cina e il post-crisi
Costretto a subire 11 quarantene per entrare in Cina e uscire, quindi bloccato per quasi 200 giorni, Morano ha raccontato il periodo della pandemia con particolare emozione, avendo vissuto anche un’esperienza da volontario a Shangai: “È stato un momento di grande difficoltà per loro – ha ricordato -; i cinesi avevano cominciato a perdere fiducia in chi li governa. C’è stato un calo del 100% dei consumi perché era tutto chiuso, ma alla fine si è fatta molta leva sul mercato interno, rifiorito l’anno scorso. Adesso, da quattro o cinque mesi il Paese si è riaperto e sta voracemente recuperando il terreno perso. È il momento di andare in Cina”.
Nel 2024 sono in programma le celebrazioni del 700esimo anniversario della morte di Marco Polo, che con la Cina ha un legame molto importante: perché non cogliere anche questa opportunità? “Ai cinesi piacciono molto i numeri, le ricorrenze storiche e… l’Italia”, ha ricordato Morano.
Aspettando Cibus e Tuttofood…
“Mi auguro che ci siano spazi a Cibus e Tuttofood per parlare di Cina, perché è il vero momento in cui bisogna lavorare in questa direzione – ha concluso -. C’è molto attesa, loro hanno proprio voglia di venire, vedere diverse tipologie di pasta, di sughi… Dobbiamo fare in modo di essere pronti.”.