Dolcitalia: nuovi modelli per il canale

CibusLab

Raffaglio: l’importanza e necessità di ricercare modelli alternativi

 

Oggi è in gioco la sopravvivenza del canale. Non è una questione di performance, stiamo parlando di stare in piedi o soccombere e credo che questo possa essere uno stimolo per tutti per cercare modelli alternativi”. Così Stefano Raffaglio, direttore generale di Dolcitalia che nel corso del workshop di Cibus Lab e Gdo News “La tradizione italiana dei dolci e delle ricorrenze: prospettive e criticità” ha analizzato l’impatto della pandemia sul mondo della distribuzione dolciaria e dei servizi dell’ingrosso. Ambito in cui opera l’azienda che raccoglie un gruppo di 140 grossisti a livello nazionale e che serve circa 180mila punti vendita del normal trade. Una realtà che ha nelle ricorrenze il 10% del proprio fatturato e che negli anni si è specializzata su impulso e confectionary di cui rappresenta il 30% del mercato.

Nel primo lockdown del 2019 – ha raccontato – abbiamo subito dovuto gestire i resi delle campagne pasquali in una situazione complicata dalla chiusura fisica dei punti vendita. Avevamo qualche milione di euro di uova di cioccolato distribuite ovunque e impossibili da restituire perché non potevano essere recuperate fisicamente. Quest’anno è andata meglio, anche perché la riduzione delle scorte ci ha portato ad una razionalizzazione degli assortimenti. Lo stesso non si può dire del Natale che ha risentito della divisione a colori dell’Italia che ha spostato il peso all’interno del gruppo più sulla parte non ho.re.ca. e il grossista è andato a servire anche il piccolo negozio, soprattutto al Sud”.

Di fatto – ha proseguito Raffaglio – abbiamo osservato un’Italia a due velocità con i punti di distribuzione del Sud che performavano meglio perché più elastici in alcune fasi del lockdown e perché sono riusciti ad allargare più velocemente la customer base. L’incertezza sulle aperture, che ha impedito una giusta pianificazione, ha frenato sicuramente un canale che è lungo per definizione e che passa dall’intermediazione del grossista all’acquisto dell’esercente. Nelle campagne delle ricorrenze abbiamo perso molte vendite perché nessuno si è assunto il rischio di prendere merce in casa senza sapere quando sarebbe riuscito a smaltirla”.

 

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(Direttore Generale – Dolcitalia)

 

Con spirito resiliente però Raffaglio ha messo in evidenza anche i risvolti positivi della situazione creatasi con l’emergenza sanitaria.  “Noto un grande fermento che probabilmente ci permetterà di fare quel salto in avanti mai fatto finora. Si innescherà un processo darwiniano che porterà ad una buona selezione in un mondo che in molti aspetti è indifendibile perché nessuno di noi è indispensabile. Questi mesi – ha ammesso – sono stati di presa di coscienza da parte dei nostri distributori sul malfunzionamento di un modello, ammesso che ci fosse. Le nostre aziende non sono sempre così organizzate per poter offrire un servizio tangibile al mondo dell’industria, per questo quarant’anni fa sono nati i gruppi di servizio come il nostro che aggregano una serie di funzioni che la collegano alla distribuzione meno organizzata. A mio parere non sarà più così per tutti, qualcuno purtroppo commercialmente ci lascerà “le penne” e tutti saremo costretti a cambiare marcia per andare avanti. L’interesse è nel vedere il prodotto distribuito, non importa come, e si inventano modelli alternativi come le reti dirette che però vanno mantenuti. Si è creato un buco di efficienza che ci siamo portati dietro negli anni e che ora dovrà necessariamente evolversi e sparire”.

Quale scenario si prospetta quindi per il futuro? Per il direttore generale di Dolcitalia è stato “impossibile fare previsioni, noi siamo in flessione nel trimestre ma nell’ultimo mese abbiamo registrato una timida ripresa. È tutto molto complesso”. “Nel prossimo bimestre – ha proseguito – ci giochiamo la campagna di prenotazione del cioccolato che è fondamentale e vale circa il 40% del fatturato del comparto. Al di là di quando avverranno le complete riaperture, se non si supera questo clima di incertezza è difficile ripartire. Per noi ad esempio ha un grandissimo peso il periodo del back to school e nel momento in cui riaprono definitivamente le scuole possiamo pianificare. Ci attendiamo tutti che entro la fine dell’anno la situazione si normalizzi anche se sicuramente non torneremo ai livelli del 2019. Purtroppo si sta confermando il trend delineato da FIPE a inizio pandemia che stimava un calo fisiologico del 20% dei punti vendita e comunque vada il new normal sarà venti punti sotto che non saranno recuperati. Poi – ha concluso Raffaglio – ci saranno nuove modalità, la route to market si evolverà con nuovi momenti di consumo, distribuzione e trend che proveremo a cavalcare. Speriamo che la situazione si stabilizzi entro l’anno”.

 

 

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