La lotta allo spreco alimentare? Un lavoro di squadra che coinvolge consumatori, aziende e startup innovative
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Lo spreco alimentare lungo l’intera filiera in Italia ammonta complessivamente a 14,1 miliardi di euro e il 58,55% di questo spreco è attribuibile alle famiglie. Secondo i dati dell’Osservatorio Waste Watcher International, in particolare il Rapporto “Il caso Italia” 2025 – presentato ufficialmente il 4 febbraio 2025 in occasione della Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare in Italia – ogni italiano getta in media 88,2 grammi di cibo al giorno, equivalenti a 617,9 grammi settimanali, con un costo annuale pro capite di 139,71 euro. La situazione è ancora più allarmante se si considera che i dati 2024 registrano un aumento del 46% rispetto all’anno precedente.
I cibi più frequentemente sprecati, indicati nel Rapporto Waste Watcher, sono la frutta fresca (24,3 grammi settimanali) e il pane (21,2 grammi), seguiti da verdure, insalata e tuberi. Al di là dei numeri, si tratta di un problema significativo sia dal punto di vista economico che ambientale.
Riduzione delle buone pratiche post-pandemia e insicurezza alimentare
L’aumento degli sprechi di cibo nelle case è stato associato a una diminuzione delle buone pratiche adottate durante la pandemia, come una maggiore attenzione nella gestione del cibo e nella pianificazione degli acquisti. Parallelamente si registra un aumento dell’insicurezza alimentare, con l’indice FIES – Food Insecurity Experience Scale, sviluppato dalla FAO, che sale al 13,95% nel 2025, rispetto al 10,27% del 2024. Il parametro FIES si basa sulla somma delle risposte affermative a 8 domande specifiche, con l’applicazione successiva di un modello statistico che permette di stimare il grado di insicurezza alimentare e di confrontare i livelli tra diverse popolazioni o periodi. Questi dati raccolti significano, perciò, che un numero crescente di persone ha difficoltà ad accedere a cibo sano e sostenibile.
Le possibili soluzioni dal campo alla casa
Per la riduzione degli sprechi alimentari possono essere messe in atto strategie molteplici e interventi coordinati. Nella produzione agricola entrano in gioco nuove tecnologie per ottimizzare la coltivazione, l’inserimento dei prodotti imperfetti ma commestibili in mercati alternativi, incentivi per le donazioni di prodotti in eccedenza. Le aziende di trasformazione possono migliorare la gestione delle linee di produzione e i sistemi di monitoraggio per ridurre gli scarti e le perdite, pensare a come riutilizzarli ad esempio per la produzione di mangimi, bioplastiche o bioenergia. In fase di distribuzione e logistica una gestione intelligente delle scorte può ridurre le eccedenze, così come l’ottimizzazione della catena del freddo, degli imballaggi e dei metodi di trasporto per contenere i danni alle merci. Sia in fase di produzione che di distribuzione esistono numerosi mezzi predittivi per controllare scadenze, magazzino, oltre al fabbisogno di approvvigionamento per limitare gli scarti.
In casi nei quali l’uso dello strumento predittivo è tardivo, diversi punti vendita arginano gli sprechi prevedendo sconti speciali sui prodotti vicini alla scadenza, promuovendo campagne informative rivolte ai consumatori, consolidando partnership con banche alimentari.
In casa, infine, ci sono diverse buone pratiche che si possono adottare per evitare che il cibo finisca tra i rifiuti: dalla pianificazione attenta della spesa a quella dei pasti, alla conservazione corretta, al riuso creativo degli avanzi.
L’apporto delle politiche pubbliche e della tecnologia
Possono contribuire alla lotta contro lo spreco alimentare politiche pubbliche che prevedano incentivi fiscali per le aziende sostenibili che riducono gli scarti, normative che semplifichino le donazioni di cibo, oltre alle campagne di sensibilizzazione. Limitare gli sprechi offre diversi benefici alle aziende agroalimentari: dal risparmio sulle materie prime, limitando i costi di approvvigionamento, alla riduzione dei costi di smaltimento. Gli scarti possono essere valorizzati attraverso la trasformazione in mangimi per animali, compost o biogas, creando ulteriori opportunità. Se da una parte la sostenibilità viene premiata con agevolazioni fiscali, dall’altra si può beneficiare di programmi di finanziamento a sostegno degli investimenti in tecnologie che aiutano a limitare gli sprechi. Non bisogna dimenticare infine la brand reputation, perché un impegno green concreto migliora sensibilmente la percezione di un marchio e si può tradurre In un vantaggio competitivo.
Sul fronte della tecnologia la blockchain applicata alla filiera agroalimentare consente un monitoraggio preciso e affidabile dell’intero ciclo degli alimenti, migliorandone gestione e sicurezza: una realtà come “Feelera”, presentata nell’area startup di Cibus 2024, ha elaborato una piattaforma cloud per la tracciabilità della filiera dalla materia prima al prodotto finito; anche In4Agri propone un ecosistema digitale con sistemi informatici integrati, IoT e IA. Processi aziendali digitali intelligenti e sicurezza alimentare sono al centro dell’azione di Biorsaf, presentata a Cibus Tec per l’ottimizzazione dei flussi di lavoro.
Esistono applicazioni che collegano ristoranti, supermercati e consumatori per la vendita di prodotti prossimi alla scadenza o avanzi di cibo a prezzi ridotti. Nel pieno rispetto dell’economia circolare esistono startup quali Krill Design – tra le protagoniste dell’area Startup nelle ultime edizioni di Cibus – in grado di creare oggetti di uso comune dagli scarti alimentari, come “Ohmie”, la prima lampada al mondo realizzata dal recupero delle bucce di arancia di Sicilia. Un packaging innovativo, infine, potrebbe segnalare il livello di maturazione della frutta, ad esempio, o prolungare la conservazione. I cosiddetti “imballaggi attivi” sono già diffusi in Giappone e negli USA.